Il ricordo che se ne ha

Il secondo libro della giornalista Mariza D'Anna

Questa storia giunge dal mare, come il nome dell’autrice. “Il ricordo che se ne ha”, Margana edizioni, è la seconda prova letteraria di Mariza D’Anna.  La storia è un ricordo trasportato da un vento di scirocco. Come accade in Africa, quando il Ghibli tinge l’aria di ruggine.  Ė un vento che valica il mare. Si infrange sulle imposte della casa degli spiriti. Una villa che svetta sul monte san Giuliano. Un refolo scosta la tenda ricamata. Le stanze sono invase, lentamente, da un portato sonoro: Maktub che in arabo indica il destino. I personaggi evocati e i luoghi descritti, tratteggiano esotismi sospesi. Il luogo del riscontro è Suk el Kemìs, una contrada di Biar Miggi, poco lontano da Tripoli. Sono gli anni dell’illusione coloniale italiana. L’azienda agrico, la numero 14, è la concretizzazione di un sogno, quello di un ricco colono siciliano e del suo fattore veneto. Insieme riescono a trasformare un angolo sperduto di deserto in un luogo dell’anima. Sabbia che accoglie, nel tempo, distese di alberi di pistacchi, ulivi, mandorli e vigneti. Con dedizione scavano pozzi, spietrano speroni di deserto, edificano un’eccentrica masseria siciliana in terra d’Africa.  Il baglio, la vasca dei pesci, il roseto, sono la scenografia naturale di un mirabile rondò, come un rimando blixeiano. Quella di D’Anna è una scrittura incisiva, articolata su due registri narrativi. Le pagine, icasticamente, rimandano visioni di piroscafi che salpano dal porto di Palermo. Descrivono eleganti soste a Malta, soggiorni all’hotel de La Valletta. Evocano atmosfere misteriose dell’hotel Huaddan, popolato da spioni di ogni risma, mondanità del Casino, fumosi night-club. Con tratto sapiente racconta di arabi che agognano procaci donne occidentali. Narra il mistero di una donna affascinante che decide di perdersi tra le rovine di Leptis Magna. Rimanda agli sguardi furtivi di un siciliano che brama un’attrice dalla bellezza impetuosa.  Ma il libro è anche un continuo rimando storico. Sono pagine crude quelle dedicate, con onestà intellettuale, al poeta libico Rajab Abyhweish. Artista che diede vita, in un campo di concentramento di El-Aghelia, al poema “Il mio solo tormento. Opera composta a memoria, perché non gli era consentito scrivere. Sono le pagine più oscure della storia italiana. Quelle del genocidio di massa, della deportazione di popolazioni ribelli della Cirenaica.  L’infamia dell’impiccagione di Omar El Mukthar, capo della resistenza libica. Crudezza del dettato storico che giunge fino all’avvicendamento tra italiani e inglesi. Autorità britanniche intente a sostituire, simbolicamente, le insegne delle banche italiane. Il finale di partita della storia è un annuncio alla radio.  La voce metallica dello speaker certifica l’avvio dell’operazione “Gerusalemme”, il colpo di stato operato dal capitano Muammmar Gheddafi. Un sommovimento che si traduce in frotte di coloni italiani che si imbarcano, forzatamente, per un viaggio di ritorno, definitivo. Esuli bizzarri, sono “I Dimenticati”, gli italiani che in patria saranno relegati a mero residuo del fascismo. Sconfitti più volte: da Gheddafi, dagli italiani e dalla storia. Le pagine di chiusura del libro rimandano all’incarnato scuro di una marionetta. Ė il volto del feroce Saladino, sultano d’Egitto e Siria, conquistatore di Gerusalemme. Un pupo inanimato, volge lo sguardo verso un ineffabile Libia della memoria. Biar Miggi era stata la felicità per Mariza D’Anna, giornalista per professione, narratrice per vocazione, genovese per formazione, siciliana per coazione, libica per nazione.                                                                                                                                              

Concetto Prestifilippo

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Categorie: I Comuni, Piazza ArmerinaNumero di visite: 3214

Tags: Concetto Prestifilippo Mariza D'Anna

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