Il Piacentino ennese, una nuvola di zafferano

Tradizione, tipicità ed eccellenza hanno catturato i palati esigenti di ogni dove

E’ con queste parole che iniziò il percorso di riesumazione del piacentino ennese dalle nebbie dell’oblio in cui tutt’oggi navigherebbe senza la determinazione e l’ostinazione di Nietta Bruno, all’epoca presidente della locale delegazione dell’Accademia della cucina. Si, perché il nostro Piacentino che tanto amiamo e del quale tanto andiamo fieri, pur con le sue origini millenarie e la sua unicità, senza la DOP, il Consorzio di Tutela ed il presidio Slow Food sarebbe rimasto un’eccellenza nota solo entro gli angusti limiti della zona di produzione e contrade viciniori. In effetti, pensate, già alcuni documenti risalenti al quarto secolo d.c. parlano di questo ottimo formaggio prodotto con l’aggiunta dei pistilli dello zafferano, ma la prima documentazione che ne colloca la produzione nel nostro comprensorio risale al 1681/82. La tradizione popolare però ama far risalire la sua “invenzione” ai casari ai quali Ruggero I° di Sicilia si rivolse perché si impegnassero a produrre un formaggio, cosa della quale la moglie Adelasia era particolarmente ghiotta, che oltre a piacerle avesse anche virtù curative contro la depressione che l’affliggeva. Da allora storia e leggenda si fondono nella tradizione anche nella ricerca dell’origine del nome che con ogni probabilità pare possa derivare dall’espressione dialettale “piacenti”, cioè che piace. E davvero piace da secoli questo originalissimo prodotto della abilità e creatività dei nostri casari che hanno inventato e perfezionato tradizione popolare però ama far risalire la sua “invenzione” ai casari ai quali Ruggero I° di Sicilia Il disciplinare della DOP e quello, ancor più rigoroso, del Presidio Slow Food prevedono per il Piacentino l’uso del latte di pecore siciliane crudo, il caglio d’agnello, lo zafferano, il pepe nero in grani e, naturalmente i vari stadi di salatura a seconda della stagionatura del prodotto. Quella dell’uso del latte crudo è una dirimente fondamentale per distinguere il Piacentino dalle imitazioni, pecorini con lo zafferano ma con il latte lavorato ad alte temperature, che sono nate sull’onda del successo del prodotto DOP, ma che non raggiungono, ovviamente, le medesime caratteristiche organolettiche e non solo. Si, perché è con il conseguimento della DOP che il nostro Piacentino ha raggiunto la notorietà e il giusto riconoscimento a livello nazionale ed internazionale uscendo dall’anonimato e conquistando i mercati di tutta Italia. Questo percorso vincente ebbe inizio nel settembre del 1998 quando la locale Accademia della Cucina, allora presieduta dalla dottoressa Nietta Bruno, organizzò un convegno nazionale di altissimo livello, coinvolgendo enti, istituzioni, atenei ed esperti del settore, dal titolo appunto UNA NUVOLA DI ZAFFERANO, per far conoscere al mondo questa nostra eccellenza e farne apprezzare l’unicità e qualità in uno con il legame storico con il nostro territorio e le sue tradizioni. Al conseguimento della D.O.P seguì quella del Presidio Slow Food, la costituzione di un Consorzio di Tutela fra i produttori aderenti alla DOP ed una comunità fra i produttori che adottano il disciplinare del Presidio, la nascita della  cooperativa Oro rosso di Sicilia per la produzione dello zafferano da fornire ai casari che non lo autoproducono, insomma un coinvolgimento corale di numerosi ma selezionati soggetti, autori di un successo commerciale andato ben oltre l’appagamento del palato fine della regina Adelasia.

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Autore: Pino Pedone
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