Le tombe dei nostri antenati? Ve le raccontiamo noi

L'aldilà visto come continuazione della vita

Che cosa sono quegli antri che si incrociano  lungo le strade del nostro territorio? Ce lo saremo chiesti cento,mille,volte. Ogni lembo di roccia visibile è una  grotta. Sulle pendici di Enna, di Nicosia, Calascibetta, Valguarnera, Assoro, Agira, Morgantina, sulle montagnole che circondano il lago di Pergusa, ci si accorge delle molteplici cavità ricavate nella parete rocciosa, che siano occupate o no da garage, scantinati, mangiatoie,stalle. Qui il costone roccioso, che si presta all’azione dei fattori climatici, progressivamente fu intaccato anche dalla mano dell’uomo. Dalle cavità naturali il passaggio ad ambienti destinati  a scopi differenti il passaggio è breve. Questi “rutti,come venivano chiamati,sono il rifugio per la popolazione durante i bombardamenti dello scorso secolo. Mentre in periodo di pace, le grotte vengono adibite ad abitazioni della gente del popolo e dei loro animali. Molte,tuttavia,furono adoperate anche come luoghi di culto e in età preistorica, protostorica e arcaica, come sepolcri degli indigeni, visto che si pensava che i morti dovessero trovare dimora entro ambienti molto simili a quelli in cui erano vissuti da vivi.I cadaveri, abbelliti da ornamenti che ne connotavano il sesso, lo status sociale,la condizione economica, dopo eventuali rituali di accompagnamento alla dimora eterna, venivano adagiati sui letti funerari o direttamente sul suolo,entro delle grotticelle artificiali o vere e proprie camere, intagliate nella roccia. Le prime hanno forma assai semplice,simile a un forno;le seconde si dislocano in uno o più vani,spesso con corridoi d’accesso,chiamati dromoi.Sulle pareti rocciose interne,di frequente, ricavavano delle banchine utilizzate come letto funebre con poggiatesta,nicchie e mensole di varie dimensioni, adatte a sistemare vettovaglie ed il corredo che accompagnava i defunti nella vita dopo la morte.Sul pavimento venivano scavate delle canalette che permettevano di raccogliere i liquami emessi dai cadaveri. Una serie di elementi  ripetono usi, modi,caratteristiche della vita quotidiana dei vivi,  affinché continuassero, dopo morti, la loro routine. Alcuni di essi sono sepolcri collettivi, che accoglievano intere famiglie, anche per più generazioni, che, spesso, appartenevano alle elitès locali, dal potere sociale indiscusso ed in contatto con le altre comunità di autoctoni e non solo. Le donne passate a miglior vita  potevano essere abbellite da gioielli di ogni sorta;le accompagnavano belletti e cosmetici dentro portacipria o portagioielli (le pissidi).Gli uomini si connotavano per la presenza di oggetti in metallo: cinturoni, fibule per trattenere le vesti, armi e rasoi. La presenza di servizi da banchetto, funzionali al consumo di pasti collettivi,ha spinto gli archeologi a ritenere che l’al di là fosse un eterno gozzovigliare in compagnia. Infatti, trattandosi di sepolture collettive di soggetti uniti da legami di sangue o da vincoli matrimoniali,si forniva loro il necessario per continuare a vivere negli agi di cui avevano goduto in vita.Questi servizi, che comprendevano non solo ceramiche prodotte localmente, ma anche vasi importati dalle colonie dei Greci di Sicilia e dalla Grecia propria, testimoniano i contatti e il livello di ricchezza economica raggiunto da questi “signorotti”in grado di permettersi il lusso di collezionare pezzi d’oltremare, con un  costo per il trasporto riservato a persone “di serie A”. Le tombe non ospitavano, però, solo adulti, perché fenomeno diffuso, purtroppo, era anche la mortalità infantile. I bambini in età da latte venivano, infatti, sepolti all’interno di queste camere sepolcrali. La loro presenza è, con molta probabilità, provata, non solo dalle piccole nicchie sepolcrali e dai corredi in miniatura che ricalcano tutti gli oggetti associati ai defunti adulti in dimensioni ridotte. Ricorre anche un elemento,una sorta   di vaso caratterizzato da un beccuccio, con la funzione di biberon. All’interno di queste camere sepolcrali trovavano posto anche i “forestieri”, Greci per lo più, che si inserivano nelle comunità autoctone spesso in seguito a matrimoni con le figlie “di buona famiglia” locali e che mantenevano i propri usi e costumi anche e soprattutto, nel viaggio da cui non c’è ritorno. 

 

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Categorie: Costume e SocietàNumero di visite: 3176

Tags: Culto dei morti ad Enna

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