Alimentazione e analisi del sangue

Cosa sapere e come intervenire per migliorare valori fuori norma

Quando si parla di salute, uno dei concetti che deve avere priorità di trasmissione comunicativa da parte degli addetti ai lavori è l’importanza della prevenzione e ciò, se si pensa alla straordinaria complessità e delicatezza dell’organismo umano, e allo stile silente di alcune patologie, deve essere avvertito come qualcosa di più che un suggerimento. E uno degli strumenti della prevenzione, in aggiunta alle solite e sempre valide sollecitazioni per uno stile di vita sano (alimentazione equilibrata, attività fisica, adeguato riposo, non fumare), consiste nel monitoraggio dello status clinico, ovvero nei controlli periodici a mezzo di mirati o “semplici” analisi del sangue. È giudizioso sapere che effettuare delle analisi del sangue rappresenta un buon punto di partenza e un investimento salutistico, perché forniscono un quadro generale ben indicativo dello stato di salute: si pensi che, oltre i singoli valori che ciascun singolo esame restituisce, già l’incrocio di alcuni dati di referto è indiziario di questo o quel problema potenziale o in corso. Si rifletta, allora, sull’importanza e sull’utilità del conoscere anticipatamente, cioè sul vantaggio temporale che si ottiene per correggere tempestivamente situazioni più o meno patologiche le quali, se trascurate, possono avere conseguenze importanti, e talvolta irreversibili, sulla salute personale. Con i dovuti distinguo, e sempre raccomandando il parlarne con il proprio medico in modo da valutare ciascun caso e ottimizzare l’indagine, in termini assolutamente generali può di certo segnalarsi che i referti degli esami da analisi del sangue (nonché delle emissioni organiche quali urine, feci, mucose), non solo aiutano a individuare le possibili criticità cliniche, ma rimandano anche un feedback sullo stile alimentare dell’individuo, dando la possibilità di qualificare le abitudini a tavola e normalizzare i valori – ove occorra – mettendo in atto piccoli accorgimenti: ciò avviene perché fra i parametri più importanti e tipici delle refertazioni ne compaiono svariati che sono unicamente legati alle abitudini “a tavola” e intervenire su queste ultime, se il quadro clinico che non presenta altre fonti patologiche, può solo migliorarli.

Qualche esempio, tra i più comuni e conosciuti esami.

Glicemia

Misura la concentrazione di glucosio (zucchero) nel sangue, e quindi è direttamente correlato all’alimentazione. Infatti uno stile alimentare in cui si abusa di zuccheri semplici (es. dolci, merendine pre-confezionate, bibite zuccherate, succhi di frutta) e carboidrati (es. pasta, pane, patate) determina spesso valori alti che possono predisporre a patologie correlate al metabolismo del glucosio, come ad esempio il diabete. È importante però ricordare che questo valore subisce delle fisiologiche oscillazioni nell’arco della giornata, essendo una delle principali risposte del corpo all’assunzione di cibo, motivo per cui – se si dovesse rendere necessario approfondire – occorreranno misurazioni e indagini più accurate. In generale, se si riscontrano spesso valori di glicemia intorno a 100-110 mg/dl potrebbe risultare risolutivo ridurre, anche per un breve periodo, il consumo di alimenti ricchi in zuccheri semplici, aumentare il consumo di verdura ai pasti principali e di cereali integrali, e imparare a dosarli nell’arco della giornata.

Trigliceridi

Questi sono correlati sia all’assunzione di grassi (si fa riferimento ad un consumo frequente di alimenti ricchi in grassi, con particolare attenzione a quelli saturi, di cui sono esempi carni e formaggi grassi, olio di cocco, burro) che a quella degli zuccheri semplici: l’eccesso infatti oltre a determinare un innalzamento immediato della glicemia, sarà successivamente stipato sotto forma di tessuto adiposo. Se nelle analisi questo valore risulta elevato niente paura, si può correggere! La prima regola è quella di indirizzare le proprie scelte alimentari su prodotti genuini, cioè naturali e/o poco industrializzati, quindi evitare cibi preconfezionati, e condire i piatti con l’olio extra vergine di oliva (evo), ottima fonte di grassi poli insaturi e con proprietà antiossidanti.

Colesterolo

È un parametro molto importante, perché non è correlato solamente all’alimentazione, ma è un chiaro indicatore dello stato metabolico. Il colesterolo infatti ha molteplici funzioni, dalla sintesi della Vitamina D, al turn over cellulare, fino a essere precursore di alcuni ormoni. Per questo motivo spesso, oltre al colesterolo totale, nelle analisi si ritrova spesso misurato anche il colesterolo “HDL”, detto anche “colesterolo buono”, parametro che indica quanto colesterolo è mobilitato dal corpo per i diversi processi metabolici. Da un punto di vista alimentare, il colesterolo è fornito da alimenti di origine animale, come carne, formaggi e alcuni pesci, per cui, se i valori di colesterolo totale risultassero elevati, il primo approccio generale dovrebbe consistere nell’implementare il consumo di fonti proteiche di origine vegetale (leguminose come ceci, lenticchie, soia ecc.), introdurre un’attività fisica, e ridurre le porzioni delle tre fonti proteiche animali. E dato che se ne tratta, si sfati un tabù sulle uova: è vero che hanno una quota di colesterolo nella loro composizione, ma diversi studi negli anni hanno dimostrato, e più volte confermato, come un consumo settimanale di uova superiore a quello canonicamente noto (due uova a settimana), in soggetti sani, non ha effetti significativamente negativi sui livelli generali di colesterolo.

Transaminasi (AST e ALT)

Sono un gruppo di enzimi indicatori della funzionalità epatica, e di quanto il fegato possa trovarsi in uno stato di stress o se sia danneggiato, e ciò si legge perché un fegato in sofferenza riversa nel sangue enzimi che non sfuggono alle analisi del sangue. I fattori che possono influire sul dato di referto sono molteplici tra cui diverse patologie epatiche ma, disaminando dal solo ambito alimentare, il “fuori range” può derivare da consumo di alimenti contaminati o non correttamente lavati prima del consumo, da abuso di cibi ricchi in grassi o da un eccessivo consumo di alcool. Il da farsi è conseguente.

Creatinina

È un esame molto importante, perché indicatore della salute renale. I suoi valori devono mantenersi tra lo 0,8 e 1,2 mg/dl per considerarsi nella norma; valori superiori infatti devono essere fortemente attenzionati, comunicati al medico e tenuti sotto osservazione frequente. L'alimentazione è molto importante in questo caso, proprio perché elevati livelli di creatinina sono determinati da un’eccesiva assunzione di tutti quegli alimenti che ne determinano un apporto, tra cui le fonti proteiche come carne, formaggio e insaccati, ma possono anche far sospettare un insufficiente funzionamento del rene. In questi casi, inoltre, proprio perché l’approccio alla modifica delle abitudini alimentari richiede fronteggiare l’insieme tutto dell’apporto proteico, con diversi effetti che possono derivare anche dal non corretto dosaggio del minore/diverso incameramento delle proteine, si ritiene indispensabile avviare indagini specifiche e valutare caso per caso l’intervento correttivo alimentare, evitando il “fai da te”.

Osservazione conclusiva

Le analisi del sangue sono uno strumento fondamentale di prevenzione e monitoraggio, motivo per cui se ne suggerisce il ricorrervi periodicamente nel corso dell’anno, sempre previo confronto con il proprio medico. I parametri sopra descritti sono quelli ricercati con maggiore frequenza e correlati all’alimentazione, ma non esauriscono né il fabbisogno della ricerca da condurre né le correlazioni con l’alimentazione, anche perché può verificarsi che valori nei range di normalità non corrispondano a un effettivo star bene. Quel che si ricava dall’insieme delle informazioni fornite è anche un’altra indicazione, più volte ripetuta. L’alimentazione è un alleato fondamentale del benessere, e la sua necessaria quotidianità la rende presente in tutte le dinamiche cui va incontro l’organismo umano nel corso dell’esistenza. Da ciò deriva che “corretta nutrizione” non è un’espressione sempre uguale nei contenuti, perché sono variabili contesti e condizioni: a monte riesce a prevenire o rallentare l’insorgenza di certe patologie; a volte riesce a riportare a “normalità” con semplici accorgimenti. In quest’ottica deve sdoganarsi definitivamente il pensiero comune che rende l’attenzione all’alimentazione esclusivamente legata alla perdita di peso pro aspetto fisico, ancora troppo diffusa, e invece riflettere che alimentazione è nei fatti assunzione di nutrienti e questi, se ben dosati e misurati sull’esigenza dell’individuo, possono essere di effettivo aiuto in determinate altre circostanze, patologiche o meno, attuali e future.

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