Funzione pubblica: la fase 2 limita lo "Smart Working" per la Pubblica Amministrazione

Il Ministero per la Pubblica Amministrazione, con la direttiva 4 maggio 2020, n. 3, afferma che, a seguito della ripresa delle attività produttive, la Pubblica amministrazione dovrà rivedere i confini delle «attività indifferibili», quelle, cioè, che giustificano l’obbligo di presenza per i dipendenti, con l’obiettivo di «assicurare il necessario supporto alla ripresa delle attività produttive, industriali e commerciali» indicata dal D.P.C.M. 26 aprile 2020 e tenendo d’occhio anche le prossime tappe per non farsi cogliere impreparati nelle fasi successive della ripartenza. Il D.P.C.M., che disciplina le “riaperture” previste nella cosiddetta “Fase 2”, infatti, sembra aver quasi dimenticato i tre milioni di lavoratori pubblici, con i quali cantieri, fabbriche e servizi hanno un dialogo costante, fatto di permessi, segnalazioni certificate e documenti che gli uffici pubblici svuotati dal distanziamento non riescono a garantire. Nonostante la direttiva in questione, però, la situazione è comunque piuttosto complicata perché, mentre il documento della Funzione Pubblica spiega che gli uffici devono «dare seguito alle istanze e alle segnalazioni dei privati», le norme continuano a disegnare un limbo, con la sospensione dei contatori delle scadenze per autorizzazioni e concessioni che le bozze della manovra anti-crisi allungano fino al 15 giugno. Ai dirigenti della Pubblica amministrazione, quindi, non resta che continuare ad orientarsi fra queste indicazioni, tenendo presenti un paio di punti fermi: lo smart working resta la «modalità ordinaria» di svolgimento del lavoro pubblico, ma le eccezioni si devono allargare per rispondere ad un’Italia non più paralizzata dal lockdown. 

 

Fonte: Quotidiano Enti Locali & Pa 

Autore: Gianni Trovati

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