Il punto di vista di Napoleone Colajanni su mafia, politica e istituzioni

L'ultima fatica editoriale del giornalista Paolo Di Marco fa rivivere il pensiero sempre attuale di un illustre concittadino

“Mafia è Stato. Intervista a Napoleone Colajanni” è l'ultimo lavoro del giornalista ennese Paolo Di Marco pubblicato dalla Euno Edizioni; 12 euro il prezzo di copertina per 194 pagine veramente dense.
Il libro scandaglia il periodo che va dalla fine ‘800 e all’inizio del ‘900 per riferire di mafia, malaffare e politica in Sicilia.
Un giovane giornalista palermitano, Marco Casazza, viene mandato dal suo direttore nel centro dell'isola, a Castrogiovanni, per intervistare l’onorevole Napoleone Colajanni. Lo spunto è rappresentato dal primo delitto eccellente di mafia in Sicilia, l’omicidio di Emanuele Notarbartolo, ex sindaco di Palermo ed ex direttore del Banco di Sicilia. Si era messo di traverso dentro l’istituto di credito nei confronti di chi intendeva utilizzarne le risorse per fini propri. Tutto portava all’incriminazione dell’onorevole Raffaele Palizzolo ma la casta politica-affaristica collegata con la mafia locale mosse ogni cosa per sviare le indagini. Un andazzo rifiutato dal deputato di Castrogiovanni che non ci sta e lancia il suo grido di allarme. Un parlamentare di sinistra che non teme di porsi contro la coalizione che lo ha eletto se questa fa affari con la malavita. Si mette contro, accusa ma non nega mai i valori e le idee che hanno sostenuto la sua azione.
Con Casazza, oltre a fare il punto sul delitto, Colajanni propone la sua analisi storica riguardo i motivi che hanno determinato tale fenomeno malavitoso. Non fa sconti ai colleghi politici individuando nella corruzione, nel clientelismo e nella sopraffazione dei potenti i veri difetti dell’amministrazione dell’isola. Un malgoverno che ha origine a Roma, nelle stanze dei palazzi più prestigiosi. E’ una denuncia chiara, lineare supportata da dati, avvenimenti, atti parlamentari. Per Colajanni la mafia si può battere ma deve essere lo Stato a volerlo. Uno Stato davvero unitario come il deputato di Castrogiovanni lo ha ipotizzato in tanti anni di battaglie a fianco di Mazzini e Garibaldi. Lui per l’unità d’Italia si è battuto allo spasimo, da giovane garibaldino fino all’ultimo giorno della sua vita con l’attività di parlamentare e con i suoi scritti. Il grido di Colajanni è forte e impietoso nello stesso tempo, afferma che il sud d’Italia è stato annesso e non unito al nord. E’ stato considerato una colonia da sfruttare per rimpinguare le esauste casse del regno piemontese. Napoleone Colajanni le sue denuncie le ha gridate in parlamento, sulla stampa e per le strade della penisola sempre sostenute da una grande passione politica. Le sue accuse furono talmente precise e forti che gli allora organi di stampa nazionali facevano a gara per pubblicare i suoi scritti o ottenere un suo commento. Ebbe così tanta considerazione che quando si dimise da parlamentare nazionale per mancanza di risorse economiche la Gazzetta piemontese, oggi La Stampa di Torino, corse in suo soccorso con una colletta. Un quotidiano del nord che si mobilita per un politico sostenendolo finanziariamente è già una notizia lo è ancora di più se si mobilita per un politico del sud. Colajanni era ben conosciuto per la sua grande onestà rispetto la quale non sacrificava nulla. Non a caso fu proprio lui a denunciare in parlamento, quando altri colleghi temendo ritorsioni si defilarono, il devastante scandalo della Banca Romana. La magistratura di allora riconobbe che tutte le accuse mosse dal parlamentare di Castrogiovanni erano vere e confermate da documentazioni bancarie ma non condannò nessuno dei politici messi alla sbarra. Lo scandalo toccava importantissimi ambienti parlamentari ed istituzionali della capitale e lo Stato non poteva essere condannato. Alla fine tutti assolti per il bene dell'Italia unita. La storia, quella vera, racconta di uno Stato che ha sacrificato il sud corrompendolo e dissanguandolo come si fa con le colonie. Lo ha condannato all’assistenza e all’emigrazione impedendogli quello sviluppo necessario per affrancare i suoi figli. Un popolo emarginato da chi considerava suo fratello che, per la sete di ricchezza, non ha avuto il minimo dubbio nell'infliggere miseria e malaffare ad una parte importante della penisola. E’ stata una condanna economica e sociale che ha prima fatto nascere la mafia e poi l’ha fatta diventare la vera padrona delle terre e delle anime siciliane.

 

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Categorie: Costume e SocietàNumero di visite: 5433

Tags: Napoleone Colajanni Paolo Di Marco

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