La Provincia esiste eccome

Riflessioni dall'interno del Palazzo a firma della dirigente Antonella Buscemi

Province siciliane ….
Il fine era di tagliare i costi della politica. Lo chiedevano a gran voce i cittadini, stanchi dei continui scandali per sprechi immorali di cui i politici, di qualsiasi colore, li hanno “deliziati” in questi ultimi decenni. La politica, quella con la p minuscola, mentre sperpera ed intasca fiumi di denaro spende il futuro dei nostri figli, incurante di malati, degli anziani, dei disabili e di chi, soprattutto i giovani, i cinquantenni senza lavoro, e la lista può continuare, non nutre più nessuna speranza.

Così inizia una vera e propria crociata contro le Province, bersaglio di un accanimento anche mediatico come se abolirle significasse la risoluzione di tutti i problemi finanziari di questo Paese. Magari fosse stato così, il sacrificio sarebbe valso la pena e sarebbe stato da tutti invocato pur di salvare questo Paese dalla deriva. Ma è veramente così? O si è trattato di buttare fumo negli occhi agli italiani per poi continuare indisturbati a perpetrare privilegi intoccabili? L’onda emozionale comincia a scemare e all’orizzonte si intravedono le prime storture.

Cancellare le Province sta significando sopratutto cancellare i territori e rendere sempre più distante e inavvicinabile il contatto tra il cittadino e le istituzioni. Basta pensare che nel disegno di legge del Governo Crocetta nasceranno tre micro regioni alle quali destinare la maggior parte dei compiti e delle funzioni. Se già oggi interloquire con gli uffici regionali è un miraggio, un’ impresa oltremodo difficile, se non sei debitamente accompagnato, immaginiamo cosa accadrà rispetto a questi nuovi contenitori che verranno presentanti come centri per ottimizzare risorse economiche e professionali in nome del risparmio e della efficienza. Ma sarà veramente così? E’ difficile da credere anche da parte dei più ottimisti che “ cambiando l’ordine dei fattori il risultato cambi”.

Per la verità che un restyling fosse necessario veniva avvertito da molti. La necessità di semplificare adempimenti che si rimbalzano tra comuni, province e regione, di allineare i tempi della burocrazia a quelli dell’impresa , di distribuire più efficacemente risorse umane e finanziarie, sono argomenti forti e condivisi. La domanda o meglio la riflessione che nasce spontanea è che una riforma costituzionale debba essere studiata da tutti i punti di vista per essere poi maturata e realizzata con tutte le precauzioni necessarie. E’ questa una condizione auspicabile per non creare danni peggiori del male stesso.

Il Governo Monti ha avviato un processo di revisione poi fermatosi. In Sicilia il Governo Crocetta ha deciso, d’impeto, così come d’uso del nostro governatore, di dare una forte accelerazione al processo. Ha deciso come orami noto a tutti di non procedere alle elezioni, di commissariare tutte le province siciliane nelle more di una legge di riordino dell’ente intermedio, che dovrebbe prevedere i nuovi consorzi di comuni. Il Governatore non si è limitato a ciò e in sede di bilancio della Regione ha deciso di tagliare drasticamente i trasferimenti alle Province, semplicemente perché “non esistono più”!

In realtà le Province esistono ancora, hanno compiti, funzioni e servizi obbligatori,che hanno continuato a fornire, anche perché a tutt’oggi non c’è stato alcun passaggio del testimone tantomeno delle consegne. Pertanto il funzionamento e mantenimento delle scuole secondarie, la manutenzione delle strade provinciali, l’assistenza ai disabili, lo sviluppo economico del territorio tanto per citarne solo alcuni, non possono essere interrotti senza determinare disservizi gravi ai cittadini – elettori.
Ed è proprio questa considerazione che fa ritenere che le risorse arriveranno , contrariamente a quanti strumentalizzando pateticamente la questione Province, pongono in evidenza quotidiana il, sia pur grave, pericolo che un mancato reintegro delle risorse provocherà immediatamente risvolti gravi ed irreversibili per i lavoratori. Il Governo Crocetta e l’Assemblea Regionale non potranno non trovare le risorse per consentire alla Provincia di Enna, e a tutte le province siciliane, di poter chiudere il bilancio 2013.
E’ ancora più inverosimile pensare che ciò non accada considerato che il fabbisogno finanziario per coprire i costi , ormai compressi sino all’inverosimile per la Provincia di Enna, ammontano ad appena lo 0,15%-0,20 % del bilancio regionale e l’intero fabbisogno di tutte le province non raggiunge l’1% del bilancio della Regione, meno di quanto destinato alla famigerata tabella H.
E’ difficile credere che il problema sia questo.

Al contrario è  assolutamente indifferibile, un coinvolgimento di tutte le forze politiche, sociali, economiche del territorio per stimolare una serena ma urgente riflessione sul futuro dell’ente intermedio che dovrebbe subentrare all’attuale Provincia.
I nuovi consorzi difficilmente potranno esistere dal 1 gennaio del nuovo anno, troppe le cose ancora da fare. Il Governo nazionale dovrà essere coinvolto, per ridistribuire il gettito delle imposte oggi destinato alle Province, enti locali territoriali costituzionalmente previsti, ai nuovi enti che ne assorbiranno compiti, funzioni, personale ed in genere costi.
.
Per questo occorre difendere e mantenere la governance del territorio che rimane l’unica arma per contrastare il pericolo di una desertificazione delle aree interne dovuta a una progressiva marginalizzazione causata dalla scarsa incidenza che i consorzi potrebbero esercitare sulle scelte mentre di contro le città metropolitane farebbero gioco forza la parte del leone.

E allora visto che non apparteniamo alla razza felina ma bensì siamo delle gazzelle cominciamo a correre…

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