Rovistare nel cassetto della storia, della memoria per raccontare e per vivere con consapevolezza il territorio. Questo lo scopo della rubrica che aiuterà a comprendere e conoscere il passato e soprattutto ad alimentare l’interesse non solo degli appassionati ma dei tanti lettori alla ricerca di curiosità, di notizie inedite o poco conosciute ai più.

Gaetano Cantaro
Appassionato di storia e arte, ha assecondato le proprie inclinazioni umanistiche frequentando il liceo classico Napoleone Colajanni di Enna. Giurista per tradizione familiare, indossa ben presto la toga laureandosi in giurisprudenza e intraprendendo la professione di Avvocato; in tale veste è talora intervenuto anche a tutela del patrimonio artistico e archeologico. Ha acquisito specifiche competenze nel campo antiquario ed ha partecipato come consulente alla realizzazione di diversi eventi culturali, mettendo a disposizione le opere del proprio archivio con l’obiettivo di recuperare la memoria storica del territorio ennese, così da promuoverne lo sviluppo consapevole.


Il Codice Diplomatico della Città di Castrogiovanni e la moratoria dei debiti per l'anno 1612

Tra i vari privilegi concessi nell’anno 1612, ne figura uno molto interessante concernente lo spopolamento della città a causa dell’indebitamento degli abitanti

Nella biblioteca comunale di Enna è custodito il “Codice Diplomatico della Città di Castrogiovanni”, un prezioso manoscritto contenente capitoli cittadini e privilegi a carattere normativo. Nel frontespizio dipinto, al centro di un'architettura barocca, figura lo stemma di Castrogiovanni (oggi Enna), un'aquila bicipite che reca nel petto un castello con tre torri, dalla cui sommità escono tre spighe: nell'architrave si legge "Urbs in expugnabilis Enna". In alto, è riprodotto lo stemma della dinastia asburgica di Spagna secondo una tipologia in uso dal 1556 al 1665. Durante il lungo vicereame spagnolo di Sicilia, le città, anche a costo di enormi sacrifici economici, aspiravano a rimanere nel demanio regio (statale) per assicurarsi un'autonomia e sottrarsi all’infeudazione. Occorreva, pertanto, dotarsi di un ordinamento che spesso si richiamava alle antiche consuetudini, di cui si chiedeva al sovrano la conferma. In Sicilia, l'occasione era il colloquio generale o la riunione del Parlamento nel quale gli ambasciatori o i sindaci potevano denunziare disfunzioni o richiedere il “placet”, che si legge ripetutamente alla fine dei privilegi ennesi. In epoca viceregia era sufficiente la ratifica del vicerè con il Sacro Regio Consiglio. Condizione essenziale per ottenere che le richieste fossero “placitate” era il luccichio delle monete d'oro: una sorta di produzione normativa “a pagamento”. Tra i vari privilegi richiesti e concessi nell’anno 1612, ne figura uno molto interessante concernente lo spopolamento della città a causa dell’indebitamento degli abitanti, che così recita:

“…per rimediare a tanti poveri cittadini che da molti anni a questa parte si sonno fugiti da detta città et alcuni con le moglie e famiglie per ritrovarsi debitori a diverse persone alle quali non hanno potuto sodisfare per occasione delle male raccolte hanno successo in detta città e soi territorii per spatio di molti anni et anco per li continui allogiamenti d'infantaria spagnola et cavallaria legiera solevano allogiare in detta città per li quali occasioni sonno rimasti rovinati a fatto et fugiti come s'ha detto et abandonato le case loro, le quali sono restati rovinati e doventati casaleni et la città è rimasta spopulata e dishabitata et oltre lo danno ha succeduto per tale inconvenienza allo quieto vivere pure v'è interesse alle gabelle regie di Sua Maestà per lo mancamento di cittadini et habitatori che si sonno andati ad habitare nelle terri e stati di signori per tanto si supplica Sua Eccellenza sia servita far gratia a detta città di concederli che tutti quelli cittadini et habitaturi che si sonno andati da detta città per lo passato per insino allo presente possano liberamente ritornare ad habitare in essa città con le loro case e famiglie, li quali non possano essere molestati di persona li loro letti, vestiti et armi per spazio d'anni dieci per qualsivoglia debito etc. privilegiato ancor che fosse di vidue o pupille o altre persone privilegiate che oltre essere carità ne risulterà beneficio alli creditori, li quali possono prendere qualche commodamento con detti debitori et anco magior beneficio di Sua Maestà il servitio del quale è molto mancato per l'assentia di detti cittadini per essere alcuni di loro massari lo quale tanto importa et per servitio di Sua Maestà et augumento del patrimonio di detta città…”.

Da tale richiesta di privilegio si evince che, oltre alla scarsità dei raccolti e alla pesante imposizione fiscale, uno dei mali più afflittivi della cittadinanza ennese era costituito dalla cospicua presenza di soldatesca spagnola (fanteria e cavalleria leggera), strategicamente allocata al centro della Sicilia, dovuta alla necessità di assicurare la difesa dell'Isola dalle incursioni di turchi e di corsari barbareschi che facevano base nei porti del Nord Africa. Evidentemente, gli abusi e le soverchierie dei militari in danno della popolazione civile ne determinavano l’impoverimento e l’indebitamento, inducendo molti cittadini a spostarsi in altri luoghi più vivibili, anche se sottoposti al potere dispotico di feudatari,“signori di terri e stati”, appena accennati nella richiesta di privilegio. È singolare che, dopo 400 anni esatti da quel “privilegio” ennese, precursore dei tempi, la moratoria per “crisi da sovraindebitamento”, sia stata giustamente reintrodotta dal legislatore italiano con la legge n.3 del 2012, la quale ha previsto una procedura per la esdebitazione dei cittadini attraverso la “ristrutturazione” dei debiti ovvero attraverso la stipula di un “piano del consumatore” che, passando attraverso l’approvazione di un Giudice, diventa obbligatorio anche per i creditori.

È proprio vero, “la storia non si ripete ma fa rima” (Mark Twain).

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