Rovistare nel cassetto della storia, della memoria per raccontare e per vivere con consapevolezza il territorio. Questo lo scopo della rubrica che aiuterà a comprendere e conoscere il passato e soprattutto ad alimentare l’interesse non solo degli appassionati ma dei tanti lettori alla ricerca di curiosità, di notizie inedite o poco conosciute ai più.

Gaetano Cantaro
Appassionato di storia e arte, ha assecondato le proprie inclinazioni umanistiche frequentando il liceo classico Napoleone Colajanni di Enna. Giurista per tradizione familiare, indossa ben presto la toga laureandosi in giurisprudenza e intraprendendo la professione di Avvocato; in tale veste è talora intervenuto anche a tutela del patrimonio artistico e archeologico. Ha acquisito specifiche competenze nel campo antiquario ed ha partecipato come consulente alla realizzazione di diversi eventi culturali, mettendo a disposizione le opere del proprio archivio con l’obiettivo di recuperare la memoria storica del territorio ennese, così da promuoverne lo sviluppo consapevole.


La donna che volò su Castrogiovanni

Nessuno svelò mai il suo nome e, soprattutto, nessuno rivelò mai cosa disse agli ennesi quando si alzò in volo

Ancor prima che il mitico Dedalo riuscisse, insieme al figlio Icaro, a fuggire dall’isola di Creta volando sulle ali della libertà fino in Sicilia, il sogno di volare dovette affascinare l’umanità che, fin da tempi remotissimi, riuscì solo ad immaginare la via dei cieli tracciata dagli uccelli.
“Una volta che avrete conosciuto il volo, camminerete sulla terra guardando il cielo, perché là siete stati e là desiderate tornare”, disse Leonardo da Vinci.
Nel 1895, sulla scia di quel sogno ardimentoso, accadde a Enna (allora Castrogiovanni) un evento straordinario di cui conservò memoria il celebre scrittore ennese Nino Savarese (Enna 1882 - Roma 1945).
Pare, infatti, che, in piazza Municipio, una donna, forse una circense, abbia intrapreso la “trasvolata" della citta' sostenuta da un pallone aerostatico. 
Di questo insolito evento v'è traccia in una lettera (fig. 1) inviata da Nino Savarese al direttore della biblioteca di Enna, Giuseppe Fontanazza Roxas, il cui testo è il seguente:
“Caro Fontanazza le chiedo una cosa molto strana, ma abbia pazienza sto facendo un lavoro di ricognizione su certi fatti della nostra città e mi occorre di sapere qualche particolare di quel fatto, allora straordinario, che fu la trasvolata, immagino il semplice innalzamento, di una donna con pallone che accadde in piazza Municipio, credo, verso il 1895 (non ricordo la data). Qualcuno deve ricordare il fatto (sia qualcuno del circolo o Don Mariano o altri) e vorrei sapere specialmente le parole che la donna volante disse al popolo di Castrogiovanni perché ricordo benissimo che la trasvolatrice (?) prima di innalzarsi in aria disse delle parole al popolo. Cerchi di accontentarmi caro amico e mi dia presto qualche notizia. Cosa fa lei ? La biblioteca è pienamente in attività ? Tanti cordiali auguri e affettuosi saluti dal suo 
Nino Savarese
Roma 8 gennaio 1936".
Non sappiamo se il bibliotecario riuscì mai a soddisfare la richiesta dell’illustre scrittore che, in quel tempo, viveva a Roma ma sappiamo che l’anno seguente, nel 1937, Savarese diede alle stampe una delle sue opere più belle in cui rese omaggio in forma romanzata alla propria città natale, che da sempre fu per lui musa ispiratrice dei suoi racconti.
Ne “I fatti di Petra, storia di una città” (fig. 2) Nino Savarese narrò con dovizia di particolari quanto davvero accadde a Enna (Petra) nel 1895, quando lo scrittore aveva appena 13 anni:
“…una domenica di settembre, la novità più grande comparve nel cielo della nostra città, e fu la « Donna Volante ». Ancora una volta piazza Trivio era piena zeppa di gente con gli occhi intenti e spalancati. Era stata preferita a piazza Garibaldi, perché essendo più piccola, si prestava meglio ad essere ridotta quasi ad una platea. Da poco era stata trasportata qui la sede del Circolo, e sulle tre porte spalancate, si accalcavano i nobili e la borghesia con le dame in prima fila, tutte in cappello per l'occasione, quei cappelli che sapevano di roba conservata, che le nostre donne mettevano poche volte all'anno, lasciando lo scialle nero, che era l'abbigliamento abituale. Intorno, la gente era stipata fino agli angoli della piazza, e chiudeva gli sbocchi delle tre strade, come i buchi di una botte.
Ma oltre alla folla della piazza, tutta la città era in attesa ed alle vedette, da tutte le finestre, da tutti i terrazzi, dai ballatoi e dagli abbaini. Nel centro il pallone ancora sgonfiato sembrava un mucchio di tela e di cordami, ma era l'unica cosa da guardare, e tutti gli occhi vi stavano sopra ! Comparve la donna col corpo chiuso in una maglia color di rosa, voltandosi e sorridendo da tutte le parti. Allora la folla si destò e cominciò a battere furiosamente le mani. Il pallone cominciò a riempirsi come un enorme testa che si risollevasse da terra: apparve chiaramente la navicella fino allora coperta, e la donna vi saltò dentro, con altri sorrisi che tirarono un nuovo e più forte applauso. La sfera del tutto gonfiata passava i balconi dei primi piani delle case, e i ragazzi vi tendevano le braccia dai balconi, saltando. Credo che nessuno si aspettasse che dopo quei preparativi, che erano durati troppo a lungo, il pallone si potesse veramente sollevare dal selciato, lasciare veramente la piazza, portarsi via la donna in aria, ed allorché questo avvenne, non si senti né una voce né un applauso; ristagnò nella piazza un silenzio quasi pauroso: la gente sembrava presa dal rimorso, come se fosse imminente una disgrazia ed ognuno sentisse di averla procurata col fatto stesso di trovarsi lì in piazza a guardare. Gli applausi scoppiarono di nuovo quando la navicella passò gli ultimi tetti e si poté vedere per l’ultima volta il sorriso della donna che agitava le mani nei saluti. Tutti rimasero col naso in aria, ma siccome la linea dei tetti tolse ad un tratto dagli occhi il corpo roseo della donna, la gente si mise a battagliare, per uscire dalla piazza al più presto. Tutti si accalcarono agli sbocchi delle vie e vi si riversarono sudati, affannati, quasi si sentissero traditi e gabbati e volessero inseguire e richiamare la donna. Il pallone era ormai lontano e la donna andava ora incontro a tutti quegli altri occhi che da ore l'attendevano, sparsi sui tetti, alle finestre, sui terrazzi, della città, dove le ragazze si stringevano tra loro, esagerando una paura riflessa; i vecchi restavano balordi col binocolo nelle mani, e tutti si chiamavano, si gridavano, da terrazza a terrazza, da finestra a finestra, come se fosse apparso nel cielo un segno di cataclisma, ora che la navicella non si distingueva più, e la donna era scomparsa nell'azzurro terso del cielo, e la sua maglia colore di rosa, sembrava un ricordo. Andò a scendere nei prati vicino al castello, dopo avere attraversato circa due terzi della città, tirandosi appresso la folla pigiata nelle vie, come se l'avesse tenuta legata ad un filo dalla sua navicella. Il giorno dopo la gente riempi un'altra volta la piazza, ma non per altro che per assicurarsi che la donna era veramente tornata dal cielo ed era viva. Non indossava più la maglietta rosa, ma una veste di cotonina a larghe pieghe ed un cappelluccio stinto, guernito di penne di gallo. Il ricordo della « Donna Volante » rimase lungamente nella popolazione di Petra, e in tutti, con l'immagine di quella maglia rosa sull'azzurro, che sembrava non volesse cancellarsi in quel tratto di cielo al di sopra di Piazza Trivio”  (nella realtà, Piazza Umberto I, detta anche Piazza Municipio). Prima che ne fallisse il ricordo, la memoria di quel piccolo ma straordinario personaggio rimase legata alla sfocata immagine custodita da un ragazzino di 13 anni: la “donna volante” se ne andò, nessuno svelò mai il suo nome e, soprattutto, nessuno rivelò mai cosa disse agli ennesi quando si alzò in volo.

(Elaborazione grafica dell’immagine di copertina a cura del Cav. Lucio Vulturo)

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