Il 6 dicembre 1926 alle ore 13,00, un telegramma spedito da Roma al Sindaco di Castrogiovanni annunciava la volontà del Governo nazionale di elevare il comune a capoluogo di provincia. L’indomani, la macchina amministrativa si mise subito in moto per adattare la piccola cittadina agricola alle nuove esigenze. Alle importanti variazioni strutturali della città se ne aggiunse una formale di notevole importanza: il Commissario prefettizio del Comune di Castrogiovanni, con deliberazione del 27/9/1927, chiese l’autorizzazione a mutare il nome del comune in quello antico di Enna. Visto il parere favorevole del Commissario prefettizio della Provincia, il Governo nazionale, con Regio Decreto del 27/10/1927, riesumava il glorioso nome di Enna dopo quasi nove secoli di oblio. Nel novembre del 1927, il Podestà Enrico Anzalone, fece affiggere un manifesto in segno di gioia e di ringraziamento, ricordando oltre che le virtù militari e la laboriosità dei suoi cittadini anche l’antico culto di Cerere e Proserpina, portatrici di fecondità e civiltà. L’elezione a capoluogo di Provincia e il ripristino dell’antico nome suscitò l’entusiasmo di tutta la cittadinanza ma anche di tutti i nativi emigrati. Fra questi spiccava il vivo compiacimento del grande pittore Paolo Vetri che, da Napoli, inviava un telegramma al Commissario prefettizio: “Ennesi residenti Napoli esultano elevazione Provincia loro diletta città - inizio era nuova auspice Governo nazionale”. Il telegramma era firmato anche dai concittadini Giovanni D’Ayala, Salvatore Piazza ed Ernesto Anzalone, fratello del Podestà. A quel punto, era necessario offrire una degna rappresentazione araldica alla nuova entità territoriale e chi meglio di Paolo Vetri (fig. n.1) poteva assolvere a tale compito? Nato nel 1855 a Castrogiovanni, dimostrò fin da bambino un grande talento nell’arte del disegno e della pittura tanto da ottenere, su interessamento dell’avvocato Paolo Longi, un piccolo sussidio erogato dalla sua città natale che gli consentì di frequentare, a Napoli, l’ambitissima scuola del grande maestro di fama mondiale, Domenico Morelli, al quale venne presentato dal magnanimo deputato ennese, Napoleone Colajanni. Nel giro di pochi anni, Paolo Vetri divenne uno dei migliori pittori del panorama nazionale nonché uno dei massimi esperti del tempo nella tecnica dell’affresco, fino a ricoprire l’ambìto ruolo di Professore di disegno dell’Istituto di Belle Arti di Napoli e di Presidente della Reale Accademia di Belle Arti di Napoli, esponendo le sue opere a Milano, Palermo, Berlino, San Pietroburgo, Venezia (alla “Biennale”), Londra, Torino, Roma e Napoli. Nonostante vivesse a Napoli, Paolo Vetri tornava spesso a Enna e il suo autorevole parere era determinante per i suoi concittadini ove si dovessero assumere importanti decisioni in campo artistico; così avvenne nel 1922 quando fu consultato in merito all’esecuzione del monumento in memoria di Napoleone Colajanni: Vetri diede precise indicazioni sullo stile sobrio che avrebbe dovuto avere l’opera nonché sullo scultore, Ettore Ximenes, che avrebbe dovuto eseguirla. Non v’è dubbio quindi che proprio Paolo Vetri dovesse essere l’autore del gonfalone della neonata Provincia di Enna, ne è prova il suo progetto esecutivo (fig.2), oggi custodito presso il Museo della Certosa di San Martino di Napoli, raffigurante lo stendardo della Provincia di Enna. Il progetto di Vetri venne approvato con Decreto del 24 agosto 1928 che designava la seguente blasonatura: “d'azzurro alla dea Cerere (inventrice del grano secondo la mitologia) maestosa e affabile, con la tunica di argento e la sovrattunica di rosso, il viso e le mani di carnagione, capelluto di oro; coronata di spighe d'oro; essa regge: con la mano destra la lampada utilizzata per la disperata ricerca della figlia Proserpina (rapita dal dio degli inferi Plutone), con la mano sinistra il grano assieme ad altri frutti della terra; sostenuta da esiguo basamento di argento”. In esecuzione di tale progetto le maestranze ennesi eseguirono un prezioso stendardo in seta (fig.3), ricamato in oro e argento, oggi esposto nell’Ufficio del Segretario generale del Libero Consorzio Comunale di Enna; esso rappresenta un capolavoro di rara bellezza con al centro la figura ieratica della Cerere ennese, coronata di spighe, con in mano una fiaccola a simboleggiare la ricerca del sapere e un cesto di spighe, espressione di abbondanza e fecondità. Del progetto esecutivo di Vetri sopravvivono due studi preparatori, di cui un disegno con scudo araldico custodito nel medesimo museo di Napoli (fig.4) ed un analogo stemma all’acquarello (fig.5), pubblicato nel 1990 nella monografia del pittore Paolo Vetri, curata dalla Prof. Maria Concetta Di Natale, oggi a Enna in collezione privata. L’acquarello doveva certamente essere uno studio preliminare del gonfalone della Provincia. Lo scudo araldico, con al centro la celebre Cerere ennese in campo celeste, è sormontato da un castello con tre torri ed un nastro recante la dicitura “Urbs inexpugnabilis Ennae”. I colori e le linee tenui esaltano le divine origini della città che nell’ardore della fiaccola rinnova il rivoluzionario anelito di libertà di Euno e nelle spighe il valore salvifico del grano. Nello studio preliminare è evidente la commistione di elementi araldici propri dello stemma municipale, quali le torri ed il motto cittadino, che scomparvero nel progetto definitivo intitolato espressamente “Provincia di Enna”. L’opera riporta in basso una dedica: “All’amico carissimo prof. Ernesto Anzalone, affettuoso ricordo Paolo Vetri, 1927”.