Rovistare nel cassetto della storia, della memoria per raccontare e per vivere con consapevolezza il territorio. Questo lo scopo della rubrica che aiuterà a comprendere e conoscere il passato e soprattutto ad alimentare l’interesse non solo degli appassionati ma dei tanti lettori alla ricerca di curiosità, di notizie inedite o poco conosciute ai più.

Gaetano Cantaro
Di professione Avvocato, è collezionista di arte antica ed appassionato di storia. Ha partecipato come consulente alla realizzazione di diversi eventi culturali, mettendo a disposizione le opere del proprio archivio storico, con il fine di promuovere la conoscenza e la tutela del territorio.


I Cavalieri Templari e la Torre ottagonale detta “di Federico”. Il rinvenimento della "croce cosmica" apre a inedite ipotesi di ricerca

Un ipotetico uso della Torre Ottagona da parte dei Monaci guerrieri non deve sorprendere più di tanto

La Torre Ottagona di Enna (fig.1) è da sempre circondata da un alone di mistero. L’appellativo “Torre di Federico” è relativamente recente, in passato era denominata  “Castel vecchio” (in quanto sorgeva sui ruderi di un diruto castello) o “Castello d’Alcontres” dal nome dell’ultimo proprietario, il Marchese di Roccalumera Pietro La Rocca, “Principe di Alcontres”, di nobile discendenza aragonese. Nel 1886, fu proprio l’ultima erede degli Alcontres, Antonietta Arduino di Roccalumera, a citare in giudizio il Comune di Castrogiovanni (oggi Enna) al fine di rivendicare la proprietà della Torre, che, per via giudiziaria, venne assegnata definitamente al Comune. 

Analogie con altri edifici di sicura attribuzione (vedasi l’ottagonale Castel del Monte in Puglia) lascerebbero propendere per l’origine sveva della Torre (1), sebbene alcuni studiosi la ritengono di epoca poco successiva, opera di Federico II di Aragona, III di Sicilia (figura spesso confusa con quella di Federico II di Svevia). È stata talora ipotizzata un’origine molto più antica. 

La Torre Ottagona, un tempo, era circondata da un poderoso muro di cinta anch’esso ottagonale. Un disegno (fig.2), realizzato intorno al 1595 dal frate Jacopo Assorino, conservato presso la Biblioteca Angelica di Roma, rende bene l’idea di come doveva apparire l’intero complesso monumentale quando il muro di cinta ottagonale era ancora integro, tuttavia, in mancanza di fonti documentali, la Torre è avvolta dal mistero: nessuno sa con certezza chi e perché l’abbia costruita ed a cosa servisse. 

Secondo quanto riferito dal celebre  storico ennese, Paolo Vetri (Castrogiovanni, 1826-1892), all’interno della cinta vennero alla luce alcuni sarcofagi ed “un sotterraneo a volta che termina all’estremità occidentale della montagna, il quale si potrebbe esplorare” (2).

Secondo alcune condivisibili e suggestive ipotesi diffuse fin dal 1958 (3) dal Colonnello del Genio militare, Umberto Massocco, potrebbe trattarsi di una stazione di osservazione astronomico-geodetica più che un edificio prettamente militare o residenziale regio. Tanto è vero che, alle 5:42 del 24 giugno 1979, il Massocco sperimentó l’effetto del solstizio d’estate all’interno della Torre allorquando, con sommo stupore dei presenti, un sottile raggio di sole avvolto dal pulviscolo molecolare, entrando dalla grande finestra del primo piano, irradiò la sala spostandosi lentamente verso il suo centro (4). 

Ancora oggi, nella penombra che accresce la solennità dei luoghi, l’occhio attento può scorgere alcuni enigmatici graffiti sulle pareti interne, il cui studio approfondito potrebbe offrire indizi importanti. Infatti, i graffiti incisi sulle pareti di chiese, palazzi e castelli passano spesso inosservati ma sono segni importanti per indagare la storia: è come se antichi visitatori avessero lasciato il proprio biglietto da visita. 

All’altezza di circa m. 2,30, nello stipite destro di una delle due gradi finestre del primo piano, è incisa l’aquila imperiale di Federico II di Svevia (fig.3), così come raffigurata nel suo multiplo di tarì aureo siciliano (fig.4). Questa figura è preceduta dall’iscrizione “De nobile” quasi a voler rimarcare l’autorità di quel simbolo reale (fig.5). Poco più in basso, sulla destra, è raffigurato uno stemma nobiliare datato 1758 (fig.6), probabilmente riconducibile ai proprietari dell’epoca, i D’Alcontres. 

Altro simbolo di particolare interesse è costituito da una croce orbicolare (figg.7 e 17), inscritta all’interno di un cerchio, incisa all’altezza di circa 3 metri nello stipite sinistro dell’altra finestra del primo piano della Torre. Il graffito, di non facile elaborazione, è sicuramente antichissimo, caratterizzato da incisioni precise e profonde, disegnate con l’ausilio del compasso. Tale particolarissima figura, detta anche “croce cosmica”, è verosimilmente riconducibile ai “Poveri compagni di battaglia di Cristo e del Tempio di Salomone” altrimenti meglio conosciuti come “Cavalieri Templari”, appartenenti ad uno dei più antichi e discussi Ordini religiosi cavallereschi (1119-1312), la cui originaria funzione statutaria era quella di offrire assistenza e protezione ai pellegrini che si avviavano verso la Terra Santa. 

Il rinvenimento di tale misterioso simbolo all’interno della Torre Ottagona suggerisce inedite e suggestive ipotesi. I Templari prediligevano i motivi circolari eseguiti con il compasso, ritenendo il Cerchio la più spirituale delle figure, in accordo con Pitagora e Platone. Il concetto alla base dell’insegnamento pitagorico, condiviso dai Templari, consisteva nel conseguimento dell’Armonia perseguendo l’equilibrio degli opposti; occorreva sanare gli squilibri e favorire il ritorno all’equilibrio, all’Uno spirituale. Croci analoghe sono diffusamente affrescate, tra l’altro, nella Chiesa di Saint Christophe des Templiers a Montsaunès in Francia, costruita nel 1180 lungo il percorso dei pellegrini verso Compostela. Essa è ricca di temi misterici indicanti il percorso iniziatico dei celebri Monaci guerrieri, ai quali non mancava né la bontà del monaco né il coraggio del cavaliere.

I primi Cavalieri Templari giunsero in Sicilia prima del 9 gennaio 1144, allorquando quando papa Celestino II, con la bolla Milites Templi, invitò i prelati a proteggere e sostenere gli stanziamenti templari già presenti sul territorio, concedendo indulgenze speciali a chiunque facesse donazioni all'Ordine. Questa bolla costituì il fondamento giuridico dell’Ordine e del suo successo per circa 160 anni, fino a quando il Re di Francia Filippo IV, detto il Bello, già persecutore degli Ebrei, per mere ragioni economiche (le casse dell’Ordine monastico erano tra le più floride d’Europa anche per l’attività bancaria esercitata), imbastì nel 1307 un processo farsa contro i Templari condannandoli al rogo con il beneplacito del Papa Clemente V. 

In favore dei Templari e contro la decisione di Filippo il Bello si schierò Dante Alighieri che, nella Divina Commedia, accusò il Re francese di cupidigia. 

Invero, i Templari nacquero con lo scopo di proteggere i pellegrini in Terra Santa ma il loro ideale era animato da tolleranza; essi rinunciarono a cacciare i musulmani da Gerusalemme e dagli altri territori sacri ad entrambe le religioni nell’ottica di una convivenza tra le due culture. I Templari vennero accusati di eresia ed idolatria in quanto avrebbero coltivato il culto dei due Giovanni, il Battista e l’Evangelista, nati, rispettivamente, al solstizio di estate e di inverno ed avrebbero fatto uso di un feticcio, definito dagli accusatori “Baphomet”o “Bafometto”. In molte raffigurazioni il Bafometto (o quello che è stato ritenuto tale) appare con due facce, una bianca e una nera; questa sorta di Giano Bifronte, avente gli stessi colori del vessillo dei Templari, è stato interpretato dagli studiosi come un’ulteriore conferma dell’ideologia dell’Ordine che professava per suo tramite l’unione degli opposti, che sta alla base del pensiero spirituale e filosofico di antichissime culture. I Milites Templi Domini cercavano la radice, il punto di unione delle grandi religioni monoteiste, perché erano convinti che Dio fosse “Uno” e che si manifestasse in diverse forme che potevano armonizzarsi tramite l’unione degli opposti. Essi, pur nella contraddizione dell’uso delle armi, giustificato dalla teoria del “malicidio” elaborata ad hoc da  San Bernardo di Chiaravalle, furono fedeli al Cristianesimo ed alla Chiesa e vi rimasero fedeli fino alla fine, anche quando quest’ultima li tradì sotto le pressioni di un Re avido ed ingiusto.

L’Ordine venne sciolto dal Papa nel 1312 e sottoposto alla “Damnatio Memoriae”. La cappella di Montsaunès sfuggì alla distruzione e costituisce oggi punto di riferimento dal quale attingere la simbologia templare. 

Anche da un punto di vista geometrico e numerologico la “Torre di Federico” corrisponde ai canoni dei Monaci guerrieri. La pianta ottagonale di molti edifici costruiti dai Templari ripropone la geometria ottagonale della Moschea di Omar o Cupola della Roccia in Gerusalemme, ubicata nei luoghi ove sorgeva il Tempio di Salomone, ove i Templari ebbero la loro sede originaria ribattezzando la Moschea con il nome di “Templum Domini” (la casa del Signore). Secondo la tradizione, sulla sacra roccia ivi custodita era conservata l’Arca dell’Alleanza, enigmatica reliquia che accomunava giudaismo e cristianesimo. 

La geometria della nostra Torre, basata sul numero 8 assume un ben preciso significato simbolico e spirituale. L’otto simbolizza il moto eterno e la spirale dei cicli infiniti rappresenta la respirazione regolare del cosmo. Per il cristianesimo medievale il numero 8 simboleggiava la Redenzione e la Resurrezione, la fine dei tempi e la vita eterna, dopo il ritorno del Salvatore. 

Ulteriore riferimento templare è ravvisabile nel particolare allineamento delle feritoie insistenti sulla facciata meridionale della Torre, che raffigurano una croce patriarcale (fig. 8) composta da otto feritoie verticali e da due traverse orizzontali di 4 feritoie ciascuna. Come suggerito dal Massocco fin dal 1958, la disposizione delle feritoie della Torre  raffigurerebbe la delimitazione del Templum Caelesti (fig.9) e simboleggerebbe il tracciato viario della Sicilia antica con l’Umbilicus, Enna, al centro. L’ubicazione stessa della Torre Ottagona, al centro della Sicilia, quale punto di unione degli opposti angoli dell’Isola, corrisponde ai canoni templari ed al motto ad essi attribuito, secondo il quale “il miglior modo per nascondere qualcosa è metterla sotto gli occhi di tutti”. 

La Torre potrebbe essere stata edificata a scopo celebrativo, scientifico ed esoterico in un momento storico in cui la città di Enna svolgeva una funzione strategica militare di peculiare importanza nello scacchiere siciliano. 

Un ipotetico uso della Torre Ottagona da parte dei Monaci guerrieri non deve sorprendere più di tanto giacché, secondo quanto risulta da un antico manoscritto custodito nell’archivio della Chiesa della Donna Nuova di Enna (distante circa 700 metri dalla Torre), furono proprio i Templari ad edificare quella chiesa, anticamente adibita a lazzaretto, ove i monaci svolgevano funzioni ospedaliere e di assistenza degli ammalati che poi venivano sepolti sul quel colle isolato, in cui era ubicato un cimitero fin dal periodo della dominazione araba. La presenza dei Templari nell’ennese è attestata anche nella vicina Aidone, dove, nel 1229, i Cavalieri dell’Ordine edificarono la chiesa di San Giovanni nonché a Piazza Armerina, dove pare esistesse una magione. 

In territorio di Assoro i Templari ricevettero in dono dall’Autorità regia il Casale di Murro, nei pressi del quale, ancora oggi, è possibile ammirare la medievale “Fontana dell’Acqua Nova” (fig.10), anch’essa di forma ottagonale, come la “Torre di Federico”.

Ulteriore indizio sulla presenza dei leggendari Monaci guerrieri in Enna è costituito da alcuni fondi di piatti da mensa in protomaiolica medievale, esposti nel Museo archeologico di Palazzo Varisano. In uno di tali frammenti sembrerebbero raffigurate le colonne del tempio di Salomone (fig.11) mentre in altri sono ben visibili disegni cruciformi (figg.12, 13, 14) chiaramente riconducibili alla simbologia dei Templari, i quali tra crociate, guerre, tradimenti e congiure, segnarono la storia del loro tempo, influenzando la cultura, l’ideale cavalleresco, il pensiero e la religiosità del medioevo, lasciandoci tracce enigmatiche, spesso indecifrabili ma indelebili. 

Una campagna di ricerca archeologica sarebbe auspicabile al fine di far luce sulla coltre di mistero che da sempre avvolge uno dei monumenti più significativi medioevo siciliano.

 

Note:

(1) Tra i tanti autori che sostengono l’origine sveva della torre, Giuseppe Agnello, in “L’architettura sveva in Sicilia” di Giuseppe Agnello, Roma, 1935.

(2) “Monumenti storici esistenti in Castrogiovanni illustrati da Paolo Avvocato Vetri”, Tip. Municipale D. Pagano, 1877.

(3) “La Sicilia antica - Umbilicus Siciliae et Trinakie”, Palermo 1958 presso la Società siciliana per la storia patria, estratto dall’Archivio storico siciliano, serie III, volume VIII.

(4) La notizia è riportata a pag. 154 di “Storie di Sicilia. La verità sulla Torre Ottagonale di Enna” di Angelo Severino. Edito dal periodico “L’Ora siciliana”, 2018.

 

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