«Per parafrasare il titolo di un celebre film: Le aree interne si sopprimono d’estate». Salvatore Laterra, 74 anni, un lungo trascorso ai vertici del sindacato Uil, presidente dell’associazione “Mondoperaio” di Enna, usa una ironica metafora per lanciare un allarme sociale. Il riferimento è al dibattito riguardo il futuro delle aree interne italiane.
A cosa si riferisce?
«Mi riferisco a un passaggio di un documento ministeriale. È stato pubblicato all’inizio dell’estate. Nel nuovo Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne 2021-2027 (PSNAI), si legge testualmente: “Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile. Queste aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza. Hanno bisogno di un piano mirato che le accompagni in un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento”. Quando l’ho letto sono rimasto senza parole. In tanti anni di impegno sociale non avevo mai letto un documento di così cinica e cruda spietatezza».
Di cosa si tratta?
«È il nuovo indirizzo strategico che lo Stato riserverà a centinaia di comuni italiani. Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di territori montani o rurali. Ufficialmente si rinuncia ad invertire il progressivo spopolamento di quelle aree del Paese. Insomma, si organizza la loro fine».
Cosa si intende per Aree Interne?
«In Italia si contano quasi 4.000 Comuni italiani. Comunità spesso lontane dai servizi essenziali: sanità, istruzione e trasporti. Cause queste del continuo flusso migratorio dei giovani. Questi comuni rappresentano una popolazione pari al 23% di quella nazionale e coprono quasi il 60% del territorio nazionale».
Ci spieghi cosa rappresenta il Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne.
«Il PSNAI, è un documento che è stato approvato nel mese di marzo del 2025. La sua diffusione pubblica però è avvenuta con grave ritardo. In questo documento, sostanzialmente, lo Stato italiano distingue tra territori rilanciabili e territori senza alcuna speranza. Stando a queste indicazioni a non avere speranza saranno le Aree interne, come la nostra provincia di Enna. Territori che registrano già da anni una grave crisi demografica. Queste nuove enunciazioni si trasformeranno, presto, in conseguenti mancati investimenti pubblici e privati. Saranno questi i territori che vedranno venire meno, ulteriormente, i servizi sociali essenziali. Insomma, sarà una lenta e inesorabile morte di questi luoghi».
Perché ritiene pericoloso questo documento?
«Perché è in aperto contrasto con l’articolo tre della Costituzione italiana: “L’impegno della Repubblica è rimuovere gli ostacoli che limitano l’eguaglianza e la partecipazione di tutti i cittadini”. Con questo documento, al contrario, si pianifica di fatto la soppressione di aree svantaggiate, come è la provincia di Enna e i suoi comuni. La conseguenza sarà un danno economico incalcolabile. Di fatto si dividerà l’Italia in due parti. Si darà vita a una nazione che si muoverà con velocità differenziate. In barba a tutti gli sforzi intrapresi in tutti questi anni. Sembrava ormai consolidato l’assunto che, proprio in queste nostre aree periferiche, si potesse procedere alla valorizzazione delle nostre peculiarità: la nostra qualità della vita, il paesaggio incontaminato, la coesione sociale, l’agricoltura sostenibile, il turismo di qualità, come accade in tutta Europa. Nazioni europee che, al contrario, continuano a intensificare gli investimenti pubblici proprio nelle loro aree svantaggiate. Con questo ultimo e misterioso documento italiano, è come se avessero sancito che queste aree periferiche non contano più nulla».
Cosa suggerisce di fare?
«Intanto opporsi. Non esistono risoluzioni ineludibili. Per opporsi occorre ragionare. Per ragionare, servono tutte le forze sociali, sindacali, politiche e del volontariato. In maniera univoca, anche trasversale, occorre approntare una controproposta. Un documento comune che chieda, con forza, di rivedere il Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne, sovvertendone il senso. Ribadendo, al contrario, che queste aree periferiche sono fondamentali e centrali. Sono la ricchezza vera di questa nazione. L’invito lo rivolgo al neo presidente del Consorzio Comunale di Enna, Piero Capizzi. Dovrebbe lui presiedere un tavolo provinciale permanente che veda coinvolti tutti i sindaci della provincia di Enna. Un tavolo permanete al quale demandare la stesura di un documento comune da contrapporre a questa sciagurata idea di abbandono delle Aree Interne. La scelta dei nostri giovani di andare via, deve essere una libera scelta, non una costrizione. Dove sta scritto che un abitante della provincia di Enna debba, per forza, andare a cercare un futuro altrove? Chi lo ha stabilito? Sono certo che questo sentimento di sdegno per quanto è stato scritto, accomuna tutte le forze sane del nostro territorio. L’impegno deve essere quello di portare a conoscenza della collettività il rischio che stiamo correndo e le possibili soluzioni che si possono prospettare».