La Sicilia degli incantamenti

Il fotografo Carlos Freire racconta il suo legame con l’Isola e in particolare con l'entroterra

La Sicilia degli incantamenti ha fatto un’altra vittima illustre, il fotografo Carlos Freire. L’artista è nato a Rio de Janeiro ma da sessanta anni è cittadino francese e vive a Parigi. Da tempo Freire ha consolidato una pratica: trascorrere lunghi soggiorni in Sicilia. Come dimora isolana ha scelto un luogo tanto eccentrico quanto baricentrico: un paese della provincia di Enna che, come forma di riserbo, preferisce non svelare. «Ho scelto un luogo estremo, che conserva ancora intanto una sorta di suggestione magica. Un posto che mi consente di preservare la mia capacità di leggere e scrutare, in silenzio», confessa il fotografo parigino, autore di una vasta e intensa galleria fotografica dei protagonisti della cultura del Novecento. Freire ha immortalato i più celebri pittori, scrittori, musicisti, poeti e intellettuali. Artisti che rispondono al nome di: Francis Bacon, Marguerite Yourcenair, Orson Welles, Samuel Becket, Jean-Luc Godart, Andy Warhol, Susan Sontag, Jorge Luis Borges, Rudol’f Nureev, Emil Cioran, Henri Cartier-Bresson, Roland Barthes, il Dalai Lama, solo per citarne alcuni. Ilsuo incontro con la Sicilia e gli artisti isolani muove da un invito a pranzo in "Quai d'Orsay", sede del Ministero degli Esteri francese. Al tavolo a lui riservato si ritrovò al cospetto del celebre critico d’arte Jean Clair. Nel corso della serata, aveva accennato al proposito di realizzare un reportage fotografico in Sicilia. L’invito immediato di Jean Claire fu quello di andare a trovare Piero Guccione, un suo amico pittore che viveva a Scicli. L’indicazione fu subito accolta dal fotografo che raggiunse l’artista siciliano nella punta estrema dell’Isola, rimanendo incantato dalla maestria del pittore e dal paesaggio degli Iblei.

Quando ha maturato l’idea di soggiornare in Sicilia?

«Nel 2008 mi invitarono per una mostra in provincia di Enna. Avevo affittato un’autovettura. Ne approfittai per battere in lungo e largo tutta la zona nord della provincia di Enna, quella che lambisce il parco dei Nebrodi. Rimasi folgorato, non solo per il paesaggio incontaminato, ma soprattutto per il carattere accogliente degli abitanti. Era una Sicilia ancora autentica, non corrotta nei costumi. Una mia amica mi fece visitare una casetta minuscola ma deliziosa in un paese che sorge a pochi chilometri da Enna. Presi in affitto quella abitazione era il luogo che stavo cercando, riscoprendo la ricchezza del silenzio e della discrezione. Quando torno per qualche giorno in quella casa, posso concentrarmi sul mio lavoro senza distrazioni e invadenze. Dalla sua terrazza posso contemplare l’Etna e le cime dei monti Erei. Ho trovato il luogo perfetto per questa stagione della mia vita».

In questi anni ha avuto modo di collaborare con artisti siciliani?

«Dopo quello di Guccione, l’incontro che mi ha fatto decidere di mettere radici nell’Isola è stato quello avuto con lo scrittore Vincenzo Consolo. Anche questa opportunità è nata a Parigi. Un incontro che devo a François Vitrani, direttore de la “Maison de l'Amérique latine” di Parigi. Vitrani mi concordò un appuntamento con lo scrittore siciliano. Ci ritrovammo all’aeroporto di Palermo, Consolo era in compagnia della moglie Caterina. Presi a noleggio una vettura per raggiungere insieme Sant’Agata di Militello, il suo paese d’origine in provincia di Messina. Durante il tragitto, dai finestrini dell’auto, ammiravo rapito il paesaggio e le coste. Anche se avevo avuto la fortuna di girare il mondo, dall’India all’America Latina e scoperto buona parte del Mediterraneo, dal Marocco alla Siria, quella visione siciliana fu per me un’esperienza unica. Con Consolo fu subito amicizia, come mi era già capitato a Parigi con lo scrittore Emil Cioran. Un’amicizia al primo sguardo che è durata tutta la vita. Di lui ho amato quello che in Francia si chiama franc-parler, una schiettezza senza infingimenti. L’unico rimpianto di Consolo che mi rimane è stato quello di non essere riusciti a trovare l’occasione giusta per incontrare Enzo Sellerio, un fotografo raffinatissimo che ho molto ammirato. In tutti questi anni ho avuto il piacere di incrociare tanti artisti siciliani. A Ragusa ho conosciuto il fotografo Giuseppe Leone che possedeva uno sguardo poetico e una joie de vivre ineguagliabili. Ho fotografato Bruno Caruso nel suo studio romano con le finestre che si affacciavano sul Colosseo, era un pittore coltissimo e raffinato. Il fotografo Ferdinando Scianna l’ho conosciuto a Parigi nella galleria di Dina Vierny, quando venne a visitare proprio una mostra dedicata alla Sicilia che recava i testi di Vincenzo Consolo».

Dunque la sua Sicilia segreta è costellata di incontri memorabili.

«Gli artisti siciliani che ho evocato hanno segnato pagine formidabili del mio percorso artistico. Ci sono persone che sono in grado di cambiarti radicalmente l’esistenza. È una costante della mia vita. A Parigi ne ho avuto conferma. La mia svolta di vita la devo al regista Roberto Rossellini. Era il 1976, il giornale “Paris Metro” mi aveva commissionato uno shooting dedicato al cineasta italiano. Lo fotografai nella hall dell’hotel Raphal, un albergo poco lontano dall’Arc de Triomphe. Rossellini aveva ultimato il film “Il Messia”, prodotto dalla Gaumont. Era il primo pomeriggio, sorseggiando un caffè mi chiese di vedere le mie foto. Gli mostrai un reportage che avevo realizzato in Portogallo nel corso della “Rivoluzione dei garofani”. Osservò con attenzione quelle immagini e mi chiese di ritornare il giorno successivo. L’indomani, alla stessa ora, mi presentò Claude Baks, un omone alla Orson Welles che era il suo produttore. Dopo qualche giorno, firmai il contratto con una grande azienda petrolifera che sponsorizzava i lavori dei giovani fotografi. Quell’incontro ha letteralmente cambiato la mia vita e la mia carriera».

Il suo prossimo progetto?

«Da anni lavoro a un progetto che mi aveva suggerito proprio lo scrittore Vincenzo Consolo. Un soggetto insolito dedicato ai cavalli di San Fratello. Ho soggiornato a lungo in quel remoto angolo dei Nebrodi. Ho ritratto queste creature meravigliose nel loro habitat naturale, i boschi che dal territorio messinese sconfinano fino nel cuore dell’Isola. Un reportage fotografico lungo ormai dieci anni. Spero possa presto prendere forma in un libro di prossima pubblicazione».

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